Locazione Commerciale

Locazione commerciale. Quello che serve sapere per stipulare un contratto d’affitto.

Quanto può durare una locazione a scopo commerciale? Cosa fare perché il contratto sia valido? Come difendersi dallo sfratto per morosità?


Il contratto di locazione commerciale, ossia a fini diversi da quelli abitativi, è sicuramente uno dei più frequenti nella prassi degli affari.

Durante l’emergenza da Covid-19, il legislatore aveva sospeso le azioni esecutive nei confronti dei conduttori in ritardo con il pagamento del canone e lo sfratto, benché intimato e convalidato dal giudice, non poteva essere eseguito. Il cd. “blocco degli sfratti” è stato poi prorogato più volte. Attualmente, però, giunta a scadenza l’ultima proroga – che era stata disposta sino al 31 dicembre 2021 – non vige più alcuna sospensione per le azioni promosse contro il conduttore e il contenzioso in materia di locazione si sta riaccendendo. Ecco, quindi, alcune informazioni da tenere presenti in vista della stipula di una locazione commerciale.

Registrazione. La registrazione è obbligatoria ma è possibile eseguirla anche tardivamente. Il contratto che non sia registrato nel termine di 30 (trenta) giorni dalla stipula, presso un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate, è nullo. Il contratto, cioè, nasce valido ma diviene invalido se non registrato nel termine. È possibile, tuttavia, sanare la nullità eseguendo la registrazione.

Canone. Il canone è libero e, nel contratto, le parti possono convenire un aggiornamento in aumento, in base alle variazioni del potere di acquisto della moneta, ma nei limiti stabiliti dall’art. 32 L. 391/1978.

Sono nulli, invece, i patti che prevedono un canone maggiore rispetto a quello previsto nel contratto originario (registrato o meno), sia che siano successivi alla stipula, ai sensi dell’art. 79 L. 391/1978, sia che siano contemporanei alla stipula ma “occulti”: per la giurisprudenza, infatti, gli accordi a latere del contratto di un canone maggiore, che non siano stati registrati (tipicamente allo scopo di simulare una locazione a minor canone), sono nulli.
Anche se il locatore provasse l’esistenza di tale accordo occulto esibendo in giudizio una “controdichiarazione” scritta alternativa al contratto registrato, la pretesa di pagamento del maggior canone non sarebbe accolta: il conduttore potrebbe continuare a godere dell’immobile e domandare, anche, la restituzione di quanto corrisposto in più nel corso del rapporto. Ciò, perché, il patto che occulta il canone maggiore determina una parziale evasione fiscale ed è, quindi, insanabilmente nullo.

Durata. La durata minima è di 6 anni (o di 9 anni quando l’immobile locato è destinato ad attività commerciale di interesse turistico es. un albergo). La clausola che prevede una durata minore è nulla (art. 79 L. 391/1978). La durata del contratto decorre dalla data della stipula, non da quella della registrazione (che può essere anche di molto successiva).

Rinnovazione. Alla prima scadenza contrattuale, decorsi, cioè, i primi 6 (o 9) anni, il locatore può far cessare il rapporto solo per i motivi tassativi dell’art. 29 L. 391/1978, ossia, ad esempio, per destinare l’immobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti più stretti, adibirlo all’esercizio, in proprio o ad opera dei parenti più stretti, di un’attività commerciale, o ristrutturarlo.

Se non sussiste nessuno di tali motivi, o se il locatore non ne dà comunicazione nel termine stabilito dalla legge, il contratto si rinnova automaticamente, per legge, di ulteriori 6 o 9 anni.

Il locatore, nella disdetta, deve indicare il motivo specifico per cui si oppone al rinnovo del contratto e la disdetta rimane inefficace se la motivazione dichiarata dal locatore è in concreto irrealizzabile, per essere, ad esempio, in contrasto con quanto previsto dagli strumenti urbanistici.

La clausola che esclude la possibilità di rinnovazione è nulla.

Recesso. Il conduttore, indipendentemente da quanto sia previsto nel contratto, può sempre recedere per gravi motivi (involontari, imprevedibili e sopravvenuti).

La disciplina descritta è quella che si ricava dalla L. 391/1978 (cd. Legge sull’equo canone). A seguito del D.L. “Sblocca Italia” n. 133/2014, però, quando il canone pattuito supera € 250.000 annui – si parla in tal caso di “grandi locazioni” – le parti hanno ampie facoltà di deroga alla legge.